Nella pratica filosofica si instaura con le persone un dialogo finalizzato allo sviluppo e al potenziamento delle capacità di pensiero, come quella della concettualizzazione, dell'interpretazione e della problematizzazione. Nel contempo ci si concentra anche sul paradigma del pensiero che è incarnato, solitamente inconsapevolmente, dal soggetto stesso e che funge da suo filtro nella relazione con gli eventi, con gli altri e con sé stesso. Durante questo processo dialogico e filosofico possono emergere resistenze emotive che spesso diventano un ostacolo nello sviluppo del dialogo e del pensiero: ecco perché queste resistenze devono essere spesso tematizzate e analizzate. Le resistenze emotive più frequenti si manifestano in relazione alla presa di coscienza di alcune caratteristiche incarnate dal soggetto e che emergono dal suo modo di pensare che trapela dalle sue stesse parole: caratteristiche che spesso non si vogliono né vedere, né accettare perché considerate troppo brutte e negative dal momento che si scontrano con l'immagine illusoria e distorta che la persona si è creata di sé proprio per sfuggire al confronto con la realtà. In realtà si tratta di una pratica piuttosto comune e diffusa tra gli esseri umani: quando ci si trova a confrontarsi con una realtà che si percepisce come inaccettabile, si tende a negarla, preferendo sostituire "ciò che è" con "ciò che si vorrebbe che fosse", o "ciò che si è" con "ciò che si vorrebbe essere". È quello che viene definito "wishful thinking", ovvero un modo di pensare che è guidato più che altro dalle emozioni, dalle paure e dai desideri e che tende a deformare continuamente la realtà. Questo spiega perché il soggetto preferisce considerarsi un "grande lavoratore" piuttosto che un "avido", o un "generoso" invece di un "egoista", oppure un "pigro" piuttosto che un "impotente", oppure ancora una persona "ribelle" invece di una persona "terrorizzata". Ecco come, a partire dal dialogo, tendono ad emergere diversi conflitti presenti nella persona, come quello esistente tra il "sé reale" e il "sé ideale", o tra la dimensione razionale e quella emotiva, o tra il livello delle azioni e quello delle intenzioni; conflitti che, soprattutto quando non vengono tematizzati, tendono a generare ansia, frustrazione e dissonanza cognitiva, tutti stati emotivi e cognitivi che il soggetto spesso cerca di superare (solitamente senza successo) attraverso la manipolazione, la deformazione, la menzogna, la repressione, la negazione, la compensazione oppure attraverso la costruzione e l'utilizzo di maschere truccate, di falsi miti e di scintillanti illusioni che hanno lo scopo di accecare non solo gli altri, ma ancor di più sé stessi. E rispetto a tutto ciò la pratica filosofica di ispirazione socratica si propone, attraverso il dialogo, di aumentare la consapevolezza del soggetto non solo rispetto ai conflitti in atto, ma anche rispetto alle difficoltà e ai problemi vissuti e che spesso derivano da forme di pensiero rigide, incoerenti o assolutistiche. Attraverso diversi esercizi di pensiero, inoltre, la pratica offre una spazio di libertà, di distacco da sé e di gioia in cui la persona si conquista la possibilità di pensare altrimenti, assaporando il brivido di adottare temporaneamente altre prospettive, nonché la vertigine di sperimentare altre visioni del mondo prese in prestito da quel prezioso e inesauribile bacino di idee che più comunemente e semplicemente chiamiamo "storia della filosofia".
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